7 lezioni da imparare del video virale Kony 2012
L’inizio della scorsa settimana ha portato alla comunità web un nuovo esempio di viral marketing in forma di video , un esempio che potrebbe rimanere in aneddoto o che potrebbe effettivamente fare una differenza, ma che ha catturato l’attenzione dei media in modo spettacolare e che ha suscitato anche alcune critiche rispetto al vero scopo con il quale il video in questione è stato pubblicato.
Tanto per mettervi in situazione, vi racconto che il video è realizzato da un’organizzazione che ha come scopo fare conoscere ai giovani occidentali alcune delle realtà che purtroppo esistono nel pianeta, come il rapimento di bambini in Uganda per istituire gruppi e bande armate.
Al margine delle opinioni personali di ogni uno di noi, che si consideri o meno trasparente ed affidabile Invisible Children, l’organizzazione che ha postato questo mini film (tra l’altro di altissima qualità), la realtà è che in pochissimi giorni il video ha raggiunto quasi 80 milioni di visualizzazioni. Questo non solo perché l’argomento abbia svegliato un interesse particolare ma anche perché sono state usate in questo video delle tecniche di persuasione e di uso dei media sociali molto significative e che si possono riassumere in 7 punti:
1. Capisci il potere del social e usalo a tuo favore: dall’inizio alla fine ci si focalizza sul vasto uso e le grandi potenzialità dei social network e in particolare di Facebook. Tutta la storia sia delle persone coinvolte che della crescita dell’iniziativa ci viene raccontata attraverso la nuova Timeline, e si fa evidente come sia stato un piccolo gruppo su Facebook a contribuire nel coinvolgere sempre più persone nella causa.
2. Parla in prima persona, ad una sola persona: non a caso, la storia si concentra su una persona occidentale, con un figlio, e non su una organizzazione o entità. Questo facilita la nostra identificazione con la storia, come lo fa il fatto che anche la parte delle vittime viene rappresentata da una sola persona, Jacob, il cui fratello è stato rapito da Joseph Kony, leader dei ribelli ugandesi e della Lord Resistance Army.
3. Lancia una sfida, sveglia la curiosità dell’utente: nei primi minuti del video arriva il gancio: “questo video è un esperimento, ma perché funzioni, devi stare molto, molto attento”.
4. Usa gli influenzatori: lo scopo della campagna è quello di fare diventare “famoso” Joseph Kony. Non famoso come celebrità ma famoso come idea, come argomento di discussione e come preoccupazione generale affinché i governi “non abbiano altra scelta che ascoltarci”. Per farlo, chi meglio degli influenzatori che dominano la rete, che regnano su twitter e le quali parole arrivano a milioni di persone. Rihanna, Zuckerberg e Oprah sono alcuni dei 20 culturemakers che l’iniziativa ha cercato di coinvolgere. Qui mi inchino davanti le parole di George Clooney: “penso che i criminali dovrebbero godere della stessa popolarità di cui godo io”. 20 policymakers (ancora 20, sempre numeri rotondi e ripetuti in continuazione) sono stati individuati per contribuire a diffondere l’iniziativa tra i quali politici di partiti e ideologie diverse.
5. Fallo sentire parte di un gruppo: il protagonista del video è una persona normale, che ci fa vedere video amatoriali girati a casa sua, ci fa vedere la sua cucina e come parla con persone come noi, persone che usiamo la rete e che sappiamo quello che è giusto e quello che non lo è, che formiamo parte di una comunità della quale il video ci ricorda l’esistenza e il potere per cambiare le cose facendo sentire la nostra voce come una sola. L’action kit e i braccialetti sono la rappresentazione fisica di questo sforzo di identificazione. In più, ogni braccioleto ha un numero unico con il quale si entra a fare parte della missione “Make Kony Famous”. Intelligente.
6. Fornisci informazioni esclusive: ad un certo punto, lo schermo diventa nero e vediamo delle lettere apparire al più puro stile Matrix. Questo non è un caso, come non lo è il fatto che tali lettere facciano presumibilmente parte di un rapporto interno degli informatori che le autorità hanno all’interno del gruppo di Kony. Anche se altri 80 milioni di persone hanno visto questo messaggio, a noi sembra veramente di avere accesso a informazioni riservate.
7. Fissa una scadenza: questa è probabilmente una delle più antiche tecniche di vendita e anche una delle più efficaci. Consolidare tutto ciò che è stato detto, condensarlo in un unico momento dopo il quale niente più sarà possibile, fare pensare (anche se non sia vero), che dopo questa data l’opportunità non verrà mai più. In questo caso, la scadenza segna una dimostrazione che si intende sia gigantesca, che unisca gli sforzi di tutte le persone coinvolte nel progetto in poche ore nelle quali, di nuovo, si sentiranno parte di qualcosa più grande di loro stessi. La notte del 19 al 20 aprile sarà il momento in cui i poster, adesivi, cartelli e grafiche varie con l’immagine di Kony conquisteranno le strade delle città per provocare finalmente la domanda che Invisible Children vuole che ci facciamo: “Chi è Kony?”
Che la cosa vi interessi da un punto di vista o dell’altro, io vi consiglio di andarvi a guardare il video. A me è riuscito ad emozionarmi, e scrivendo questo post ho sentito più di un brivido. Qualche motivo ci sarà.
Voglio finire questo post con una considerazione semplice ma a mio avviso molto azzeccata: lo scopo è quello di fare diventare visibile quello che ora è invisbile, perché una volta abbiamo visto queste persone e che ne abbiamo appreso l’esistenza in forma di individuo e non di “problematica”, non possiamo che fare qualcosa.