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Google Screenwise: un panel potente ma polemico

Google ha lanciato questa settimana Screenwise, un panel per il quale sta cercando partecipanti e che userà per migliorare i propri prodotti in base alle abitudini e modalità di navigazione. Screenwise ha come obiettivo monitorare il comportamento di un utente nelle sue normali sessioni di navigazione, analizzare come reagisce a elementi visivi particolari, tracciare movimenti del mouse, uso di short cut keys, tasto indietro ecc.

Il compenso per quelli che decideranno di partecipare è di 5$ al momento dell’iscrizione che si potranno spendere su Amazon, e di 5$ addizionali per ogni tre mesi di permanenza.

Le lamentele non si sono fate aspettare e i critici hanno subito alzato la voce contro questa iniziativa, che ritengono solo una scusa in più per raccogliere tutti i dati possibili e immaginabili a fini pubblicitari. Ma per una volta, almeno una, non possiamo pensare che non ci siano motivazioni nascoste? La maggioranza di aziende, se non tutte, testano i propri prodotti: per la costruzione di pagine web effettuiamo test di usabilità, per i giocatoli mettiamo dei bambini in sale monitorate da camere, gli strumenti di rilevazione di dati di ascolto televisivo sanno quanto e cosa guardiamo ogni giorno in TV, i software che installiamo ci propongono di partecipare ai programmi esperienza di utente.

Penso sia molto meglio presentare questa possibilità, che ripeto, è totalmente volontaria, piuttosto che continuare con le proprie idee e non tenere in considerazione le necessità e caratteristiche reali degli utenti. Siamo i primi a lamentarci che nessuno ci ascolta, ma quando qualcuno vuole farlo lo attacchiamo, accusandolo di voler violare la nostra privacy. E se poi ci vuole pagare, sembra sia ancora peggio che se le informazioni vengono raccolte senza il nostro consenso e senza niente in cambio.

La realtà è che la maggioranza della popolazione, soprattutto quella più giovane, non sembra interessarsi troppo per le polemiche e legislazioni sulle violazioni della privacy a giudicare dell’uso estensivo che si fa di applicazioni e plugin vari sia su computer e browser che su cellulari. In questo caso, la responsabilità è di ognuno di noi, e non delle aziende che ci avvisano, che ci offrono la possibilità di partecipare o meno (timeline, so che arriverai ma resisterò finché potrò), e che poi ci danno anche un piccolo compenso in cambio.

Una delle cose che apprezzo di più dell’iniziativa, che ovviamente ogni persona deve valutare anche in base alle sue routine di navigazione, è che Google sta cercando di capire gli utenti che alla fine rappresentano il grosso della popolazione che usa i suoi prodotti, quelli che effettivamente cercano risposte e basta. I test in beta, le prove di prodotto, gli esperimenti in labs, hanno coinvolto tradizionalmente solo utenti sperimentati, geek come noi che passiamo più tempo sul web che dormendo e che non siamo sicuramente rappresentativi per l’adeguazione e miglioramento di prodotti destinati al pubblico generale.

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